L’illustrazione e gli orizzonti dell’immaginazione (BCBF2016)
La Fiera del Libro per l’Infanzia è finita da qualche giorno e come un’alta marea ha lasciato sulla spiaggia cose da scoprire, tesori e gusci vuoti. L’impressione che ho avuto è che le immagini stiano diventando predominanti e che i libri illustrati siano i libri destinati a meglio adattarsi alla nostra epoca.
Dentro quegli hangar rossi con i numeri bianchi si sta creando un nuovo tipo di linguaggio, una comunicazione diversa che passando dai bambini può cambiare il futuro.
O almeno, ogni anno questa è la speranza, cioè di aver intravisto allorizzonte il futuro migliore, quello che risolleverà, le sorti di un mondo alla deriva (?). Una letteratura immaginaria e illustrata che possa riconsiderare e contenere ed evocare tutti i sogni fatti e mai realizzati. Anzi, tutti i sogni che non hanno bisogno di realizzarsi, perché per i sogni la realtà non esiste.
Mi aggiravo tra gli stand come fossero portali per altri mondi, cercando di intravedere le luci di un futuro sognato. Ogni tanto, dentro agli hangar, si vedono volare dei passeri: è dal loro punto di vista che la fiera va guardata, allontanandosi dalle strette di mano scivolose, dai sorrisi di circostanza, dallinvidia dei vicini di stand, dall’intellighenzia illustrata e dalla critica accademica, dalla pedanteria dei pedagoghi e dalla sciatteria di certi direttori commerciali. Salire più in alto, battere le ali veloci, sopra il baccano, sopra i panini schiacciati negli zaini colorati, sopra i disegni fatti male, sopra le frasi scritte senza intuizione, sopra tutta la moltitudine di libri (e librai) e allontanarsi abbastanza perché non si capisca se son belli o brutti.
Da quell’altezza, con occhi di passero, si possono osservare e comprendere meglio le cose. E si intuiscono spiragli di luce nella penombra della crisi economica (che sembra graziare il settore del libro dell’infanzia, anzi premiarne la creatività e gli inni alla gioia). Nel muoversi continuo delle persone che percorrono avanti e indietro i corridoi tra gli stand, ci sono autori, illustratori, scrittori, pensatori ispirati, e degni di nota. Ma questo lo si sa già, anche calpestando il suolo, che la fiera è ricca di gente così.
Quella che manca sembra essere la visione d’insieme, la vista dall’alto del passero appunto. Manca lo sguardo gettato sull’orizzonte, la capacità di prevedere cosa ci sarà oltre la curvatura della terra, l’intuizione che ci fa trovare la pentola colma doro alla base dell’arcobaleno.
L’orizzonte dell’illustrazione
In un’epoca in cui le parole fan fatica a farsi capire, le immagini prendono potere: un popolo di semi-analfabeti come lItalia (secondo gli ultimi dati dell’OCSE, il 70% degli italiani non capisce testi complessi) ha un’immaginazione vivida e un alfabetismo spiccato per quanto riguarda le immagini. E la Fiera di Bologna sembra confermare questa tendenza.
Gli illustratori sono sempre più protagonisti, eppure la nuova ondata di artisti pone molti e seri dubbi sulla qualità dellillustrazione contemporanea. Ad esempio, in un articolo della rivista Hamelin, uscito a dicembre 2015 e chiamato L’impasse del picture book in Italia, l’affermato illustratore argentino Fabian Negrin lanciava strali verso i colleghi (?) con frasi tipo: la maggioranza dei picture book […] è disegnata da persone che non sanno disegnare oppure si idolatra il moderno, temo, perché è facilmente riproducibile o ancora Gli illustratori vanno di moda, come gli hipster. Alcuni passaggi di quell’intervento ricordano la reazione degli accademici al nuovo che avanza, fenomeno che si ripete in ogni epoca e in ogni campo dell’ingegno umano, ogni qualvolta si presenti l’avanguardia di un cambiamento.
Un articolo ruvido, scomodo, bofonchiante che però fa uno strano effetto, come se le cose di cui si lamenta fossero già superate e in alcuni casi risolte dalla realtà dei fatti. L’illustratore sta diventando un mestiere accessibile ai più (grazie al digitale), perché è diventato più economico in termini di tempi e di costi. E si scopre che lo si può fare senza essere dei perfetti disegnatori.
Lascio a voi le ovvie considerazioni: se tutti i cantanti pensassero solo al canto, il panorama musicale sarebbe monotono e non ci sarebbero, tanto per dire, Bob Dylan e Tom Waits.
Forse nell’illustrazione non si sarebbero affermati geni assoluti come Saul Steinberg o Charley Harper, anche se, nell’articolo suddetto e ovunque ci sia questa discussione, si corre ai ripari quando si parla dei grandi del passato, perché son quelli che hanno inventato la maniera moderna e a loro si perdona tutto, anche di non aver “disegnato bene”.
Il mercato che si sta aprendo all’illustrazione in questi anni in Italia ha potenzialità enormi, anche se i guadagni non sono più quelli degli anni novanta.
Ancora c’è da fare per ridefinire il mercato e per trovare nuovi committenti. Si sono moltiplicate le scuole di illustrazione, ma alla fine si bussa sempre alle stesse porte per cercare lavoro e lo si fa conto terzi. L’illustratore fa ancora fatica ad arrivare direttamente al cliente-fruitore, cosa che riesce benissimo ad esempio ai designer. Manca di linguaggio aziendale, di basi di marketing e di comunicazione. Usa in modo istintivo i social e il sito web, non fa strategie e si muove come la barchetta di Geppetto in mezzo al mare in tempesta, rischiando la bocca del pescecane. In questo senso non è un professionista completo, ma è come un adolescente irrequieto che ha bisogno di essere guidato.
L’emancipazione passa attraverso le nuove generazioni, perché le vecchie non ne hanno avuto bisogno e si sono affidate alle loro reti consolidate, fatte di editori e direttori creativi.
Da quel che si vede volando più in alto, sopra gli stand, sopra alle chiacchiere e ai bofonchiamenti, si vedono sì, tanti illustratori omologati che seguono i trend e le mode, che cavalcano gli stili come jeans da cambiare ogni anno, che scopiazzano, plagiano e cercano scorciatoie per arrivare (chissà dove poi), ma se ne vedono alcuni altri, non pochi, che lottano per seguire la loro via o vie inusuali tracciate da altri prima di loro.
Gli anomali, gli storti sono sempre benvenuti in questa fiera perché i loro lettori, cioè i bambini, non giudicano chi sa disegnare bene o male: giudicano limpegno che ci si mette a voler comunicare emozioni o quello di voler rivelare loro linimmaginato e il non compreso, o ancora il coraggio di fare un salto nei crepacci dellimmaginazione, dove tutto è possibile e niente è come sembra.
Il realismo è soltanto un inganno, i bambini lo sanno bene (perciò non amano le foto, se non per vedersi in faccia e per vedere in faccia i loro amici). Loro sanno che il realismo è in ciò che si sente e percepisce, non in ciò che ci viene mostrato (perché ciò che i realisti ci mostrano è la loro interpretazione del realismo, non la realtà).
Per questo motivo dovremmo amare quegli illustratori che tracciano nuove rotte all’immaginario, spesso con mezzi di fortuna, irregolari, che non conoscono bene l’anatomia di un braccio ma meglio quella di un sogno.
Illustrare è pescare nei pozzi fondi del subconscio oppure cogliere petali che fluttuano nelle altitudini dell’inconscio. Ci sono esploratori che non temono la giungla, e la preferiscono ai tavolini assolati di un bar in una qualsiasi piazza duomo.
Alcuni confondono i piccioni a cui danno le briciole con un pubblico adorante.
Altri cercano loltre in una mano imperfetta: lasciando imperfetta la forma, ognuno può vederla come può e come sa.
Una mano disegnata troppo bene ci dice che l’artista guarda con gli occhi,
mentre una mano disegnata in modo anomalo, può voler dire che l’artista non sta guardando con gli occhi.
E sono quest’ultime mani a farci accedere all’oltre.
È in quei momenti che l’immaginazione si mette al lavoro per costruire di nuovo la realtà.
Per approfondire i temi legati all’illustrazione per l’infanzia e alla Fiera di Bologna 2016, ti consiglio questo articolo: gli illustratori per bambini.
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