L’illustrazione salverà il mondo
Illustrazione: tutti più o meno sanno di cosa si tratta: la vedono, la usano (spesso inconsapevolmente), la condividono. Eppure, sono convinto che in pochi sappiano davvero cosa sia.
Sui dizionari si leggono definizioni valide mezzo secolo fa: “immagine che illustra o accompagna un testo”. L’illustrazione invece è molto di più di quello che sembra dal suo nome: il concetto di illustrazione ha ormai superato il suo significato originale.
L’illustratore, ad esempio, non è più soltanto un “figurinaio” ovvero un artista che descrive un testo con un’immagine, ma è un autore egli stesso. E non perché scriva, ma perché esprime i propri concetti e le proprie idee con il mezzo espressivo che gli è più congeniale: costruire immagini.
Personalmente non amo le definizioni, però capisco che in un contesto professionale sia importante darsene di comprensibili: quindi l’illustratore è in genere visto come un creativo-esecutivo che si muove sotto la direzione dell’art director o la regia di un graphic designer o a volte di un capo redattore o di un responsabile editoriale. Insomma lo si pensa spesso come una figura che sta in basso rispetto al livello decisionale e progettuale di un lavoro.
Aggiungiamoci pure che il mestiere di illustratore è stato idealizzato perché è divertente, mette in moto la fantasia, ha un effetto tangibile sul pubblico e per tutto questo è molto ambito; un’idea di come sia considerato il mestiere di illustratore lo si ha guardando la Serie TV “Desperate Housewives”, dove una delle protagoniste è una illustratrice per l’infanzia. Ci sono scuole dove si studia per diventarlo (lo IED, le Scuole di Comics, l’ISIA) e altre dove ci si perfeziona (il MiMaster), e poi ci sono decine di associazioni e altre scuole che organizzano workshop, seminari e corsi, spesso a contatto con i più grandi illustratori del mondo.
È un mestiere che, a vedere quanto sono belle le illustrazioni sui libri, fa sognare molti (anzi “molte”, perché la presenza femminile in scuole e corsi è molto alta), ma che inevitabilmente crea molta frustrazione. Credo sia uno dei mestieri più ambiti eppure incompresi che esistano nel mondo della comunicazione. Davvero frainteso.
L’illustratore, nella sua accezione più moderna, è un autore per immagini, cioè sceglie un mezzo – le immagini appunto – per esprimere sensazioni e pensieri, senza l’aiuto di parole (se non in modo funzionale o decorativo). Alle volte ha competenze da progettista e da graphic designer (allora lo si può considerare un Graphic Artist), molte volte è soprattutto un’artista che usa ogni tecnica e stile esistente per costruire le sue immagini.
La professione, in Italia rappresentata dall’Associazione Illustratori, non comprende più di un migliaio di professionisti (al massimo duemila, tutto secondo una mia approssimazione): chi lavora per libri e riviste, chi lavora prevalentemente in pubblicità (anche come visualizer e story-boarder), chi nel settore della moda o per cinema e animazione, più tutti quegli specialisti che operano nei settori più disparati (dall’illustrazione naturalistica e medica ai character designer per i videogame). Il numero di professionisti probabilmente raddoppia considerando anche il mondo del fumetto, dato che l’Associazione Illustratori da qualche anno rappresenta anche quel mondo. Nonostante i numeri di un mercato così ristretto (vuoi per estrema specializzazione, vuoi per estrema selezione), gli aspiranti illustratori, soprattutto editoriali, sono tantissimi: sia quelli che escono dalle scuole, sia gli autodidatti.
L’imbuto del mercato genera inevitabilmente un sacco di frustrazione che si ripercuote negativamente su tutto il settore. Un mese fa sono stato alla Fiera Internazionale del Libro per Ragazzi di Bologna e ho avuto occasione di parlare con tanti illustratori, affermati e non, di vederli all’opera, di guardarne i libri. La sensazione che ho avuto è che questo sia un momento di transizione molto importante e delicato per tutto il mondo della comunicazione visiva. Si sta preannunciando un mondo nuovo, una nuova era e questo mette in subbuglio tutti: i più esperti e affermati perché devono adattarsi al progresso delle tecnologie e al cambiamento del pubblico, i più giovani perché entrano in un mondo che alle volte è tuttora ancorato a dinamiche e modi di pensare ottocenteschi.
Conclusione e spunti
La mia conclusione è che i giovani illustratori insieme ai vecchi aguzzino l’ingegno, discutano e pensino a come l’illustrazione può cambiare ed evolversi perché il suo potere è immenso. Noi illustratori siamo in grado di parlare davvero al cuore delle persone, anzi meglio, al loro subconscio. Se è vero che siamo nella società dell’immagine, dobbiamo riprenderci il ruolo importante che ci spetta, responsabilità comprese, e inondare il mondo di immagini bellissime.
Ce la faremo.
Gli illustratori salveranno il mondo!
PS: la discussione è ovviamente aperta anche chi le illustrazioni le commissiona, ovvero gli art director, i graphic designer, gli art buyer, i galleristi, i responsabili editoriali e a chiunque altro ami questo mondo fantastico.
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